Mettete davanti a voi un pioniere del futuro, un sacerdote, un mago, uno psicologo; metteteci anche un genitore, un fratello, un amico; mescolateli tutti insieme e ne trarrete un cartomante.
Se si volesse tratteggiare il ritratto dell’indovino ideale, questo non si discosterebbe affatto da una persona come tutte le altre: niente atteggiamenti ridicoli o compassati, niente paludamenti di foggia curiosa, niente inflessioni misteriose o teatrali nella voce; irrinunciabili, invece, la calma e la gentilezza, la pazienza e la disponibilità ad ascoltare, unite a un atteggiamento sereno capace di far apparire lieve ogni difficoltà.
Il cartomante, infatti, non si limita a leggere nel passato o a decodificare il futuro; ma consiglia, consola, rimprovera qualche volta, con parole cortesi e attente, ma necessariamente distaccate.
Guai a farsi carico in prima persona dei problemi altrui e a lasciarsi coinvolgere emotivamente dalle situazioni, pena la perdita dell’indispensabile obiettività, necessaria a valutare dall’esterno.
Ma l’ingrediente d’elezione rimane la ricettività, senza la quale qualsiasi contatto con la vibrazione del consultante e con la dimensione universale dell’inconscio sarebbe precluso.
E’ essenziale che il cartomante conosca il proprio mestiere e creda in esso, perché, senza la conoscenza dei suoi segreti e la fiducia nelle proprie capacità, non potrà mai fare molta strada.
Questo non implica, ovviamente, che debba stravolgere all’improvviso tutta la personalità.
Studiando, ogni giorno un po’, il simbolismo delle carte, scendendovi piano piano alla radice, non solo si approprierà gradualmente del simbolo ma finirà con l’esserne a sua volta modificato.
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